Kumbh Mela, il più grande festival religioso del mondo
Non capita spesso nella propria vita di provare emozioni talmente uniche, nuove e sconosciute da sentire che rimarranno impresse per sempre. Emozioni che ti sconvolgono, lasciandoti un segno indelebile nella mente. Il Kumbh Mela è tutto questo ma anche di più. Per noi occidentali è qualcosa di non facile comprensione ma forse è proprio quella distanza culturale a lasciarci ancora più attoniti e senza fiato.
Facciamo un piccolo passo indietro però… quando io e mia moglie abbiamo saputo che il prossimo Kumbh Mela era in pieno svolgimento non lontano dal nostro tragitto, abbiamo subito cercato di muovere la macchina organizzativa indiana. Dopo varie telefonate, qualche insistenza e tanta pazienza, grazie alla nostra meravigliosa guida ci siamo alla fine ritrovati nel bel mezzo dell’immenso Gange.
Durante tutto il periodo che precede i monsoni, il Gange si restringe in maniera poderosa lasciando gran parte del letto del fiume completamente asciutto. Parliamo di un letto largo kilometri, misure alle quali non siamo abituati ma che in India ed in particolare nell’area dove si svolge il Kumbh Mela, consentono addirittura di costruire su di esso campi tendati, strade e addirittura ponti che verranno poi smantellati o talvolta spazzati via dalle immense piogge monsoniche della stagione successiva. Una di quelle piccole tende è divenuta per qualche indimenticabile notte la nostra casetta.
Il Kumbh Mela al quale noi abbiamo partecipato ha raccolto circa 250 milioni di individui in 45 giorni, parliamo di oltre 5,5 milioni di persone di media al giorno. Non si tratta solo del più grande pellegrinaggio del mondo ma di un evento che permette di capire la dimensione del fenomeno religioso all’interno dell’India e dell’importanza che ha il Gange in tutto questo.
Di buon mattino abbiamo preso una piccola imbarcazione ed attraversato il fiume sacro per visitare la sponda più affollata di fedeli e di rituali. Mentre attraversavo in barca il Gange non riuscivo a distinguere dove terminasse il fiume di persone. Non dimenticherò mai la sensazione che ho provato nel vedere migliaia e migliaia di indiani a perdita d’occhio fare il bagno rituale attorno a me.
Per ore ed ore abbiamo attraversato decine di campi tendati, ammirato rituali religiosi di santoni, guru e maestri spirituali di ogni sorta. Alcuni ci hanno simbolicamente offerto cibo, oggetti sacri, denaro, altri ci hanno semplicemente accolto per un abbraccio. Ricordo poi l’estenuante richiesta dei più giovani di farsi dei selfie con mio figlio, una vera ossessione!
I ricordi più romantici di questa tappa sono stati due: ad un certo punto della prima giornata, quando il sole era ormai tramontato, ci fermiamo in una tenda nella quale alcuni santoni sono raccolti in preghiera attorno ad un falò. Vedendoci arrivare, uno di essi, un omone di quasi due metri si rivolge alla guida con un gran sorriso per tradurre a mio figlio la seguente domanda: “vuoi fermarti qui con noi?”. Ovviamente intendeva per sempre! Ho capito (quasi) subito che stesse scherzando mentre al contrario mio figlio si stringeva alla cintola di mia moglie.
Mi ha molto colpito questo sense of humour apparentemente distonico rispetto al contesto ma che in realtà in forme diverse si è ripetuto più volte in quelle ore. La religione qui è qualcosa di permeante all’interno della vita di ciascuno ma non c’è mai quell’austerità, quella serietà che fa si che non si possa anche scherzare sulla religione. La cosa ancor più divertente è accaduta quando pochi secondi dopo lo stesso omone ha rincarato la dose afferrando con forza mio figlio facendolo volteggiare in aria come una trottola, mimando con il sorriso in viso come se lo volesse portar via. Tutto questo ovviamente tra le risate di tutti noi.
Il secondo ricordo ha bisogno di pochi commenti, ve lo mostro semplicemente qui di seguito.
Varanasi, viaggio al centro dell’India
Varanasi, conosciuta anche con l’altro nome di Benares, è la città sacra per gli indù e la principale meta per i riti funebri induisti. Le enormi scalinate dei suoi ghat che si affacciano sul Gange e le cremazioni che avvengono su alcuni di essi, rappresentano due dei principali motivi per i quali migliaia di induisti e turisti vi si recano ogni anno.
Decidere cosa vedere a Varanasi non è cosa semplice ma l’aspetto fondamentale secondo me non è dato dal “cosa” ma dal “quando”. Visitare un ghat la sera può avere un fascino incredibile ma visitarlo all’alba vi farà vedere un luogo completamente diverso.
I ghat di Varanasi, di giorno o di notte?
La mia prima visita all’area dei ghat è avvenuta la mattina, all’alba. Noleggiamo una barca al ghat principale di Dashashwamedh e ci lasciamo lentamente trasportare dal Gange. Con una luce da film ammiriamo da lontano i meravigliosi ghat uno dopo l’altro, mentre alla base di essi numerosi pellegrini come ogni mattina si immergono per l’abluzione. Personalmente sono rimasto incantato ad osservare tutte quelle donne vestite con i loro coloratissimi sari immergersi fin sopra i capelli ed effettuare l’iconico gesto di raccogliere l’acqua con le mani giunte per poi portarle sopra la testa, fin quando l’acqua non scivola naturalmente sulla loro fronte.
Alla sera ritorniamo sullo stesso ghat per la cerimonia Aarti, un rituale imperdibile dedicato alla Dea Madre Ganga ovvero la Dea del fiume sacro. Per arrivare passiamo dai mercatini non lontano dal ghat Dashashwamedh e durante il percorso incontriamo di tutto, mercanti di ogni genere, fachiri, tassisti, barbieri, santoni, sadhu (coloro che hanno rinunciato al materialismo), storpi, bramini, musicisti, vacche ovunque e poi ancora contorsionisti, ciarlatani, barcaioli e massaggiatori.
Proprio uno di questi dopo qualche parola per me incomprensibile mi convince a sdraiarmi accanto a lui. Siamo all’ingresso del ghat e potete immaginare cosa non ci sia a terra. Mi sdraio ed inizia a massaggiarmi la schiena. Eccezionale. Per qualche secondo quelle mani mi hanno otturato il mio udito e mi hanno fatto dimenticare dov’ero. Ad un certo punto mia moglie mi vede e rimane di stucco, non poteva credere allo sporco sul quale ero riuscito ad adagiarmi. Mi rialzo come un grillo dopo circa dieci minuti come se avessi improvvisamente dieci anni di meno. Caro misterioso massaggiatore indiano, ovunque tu sia ancora grazie!
Non senza fatica scendiamo gli scaloni e ci sistemiamo su una delle tantissime barche aggrovigliate l’un l’altra di fronte al ghat per assistere alla cerimonia. Poggiamo sul pelo dell’acqua le piccole candele appena acquistate, in omaggio al fiume sacro. Quando inizia lo spettacolo della puja rimango incantato. Una lunga danza dove fuoco, incenso, lampade ed abiti color zafferano cominciano a muoversi e a roteare con perfetti sincronismi. I riflessi di luce sull’acqua ed i mille colori creano un’atmosfera mistica, con canti e tintinnii di campanelli che fanno da contorno. Dal principio alla fine la mia attenzione rimane intatta, quasi fossi ipnotizzato da tanta intensità.
Per rispondere quindi alla domanda iniziale, ovvero quando è meglio andare ai ghat, se all’alba o al tramonto, direi indiscutibilmente in entrambi i momenti!
Varanasi ed il rito della cremazione
Quando sono arrivato nella città sacra sapevo che avrei potuto assistere al rito della cremazione. Non ne ero particolarmente eccitato, tutt’altro. Per gli induisti, Varanasi e più nello specifico il ghat Manikarnika rappresenta forse il luogo più celebre e antico per disperdere le proprie ceneri. Con questo rituale i fedeli aspirano al raggiungimento del nirvana di tutto l’induismo.
Quando si giunge sul ghat di Manikarnika, due cose rimangono impresse: l’enorme quantità di legna accatastata ovunque e l’odore acre delle cremazioni. Non ho sentito alcuna necessità di affacciarmi per vedere o fotografare il rito della cremazione ed anzi ho cercato di rendermi discreto e rispettoso di quel momento nonostante sia qualcosa di estremamente ripetitivo e abitudinario per gli indiani.
Il ricordo più vivido che conservo è proprio quello delle cataste di legna, arrivavano ben al di sopra delle nostre teste e sembravano essere ovunque. Enormi ceppi impilati l’un l’altro che creavano dei corridoi infiniti attorno al ghat e che giorno e notte vengono impiegati per una funzione che di fatto non ha mai fine.
Vuoi fare yoga in India? Scegli Varanasi
Come ho già detto, lungo il corso del mio viaggio in India sono accaduti diversi imprevisti. Tra questi ce n’è stato uno che è nato ad Orchha e si è concluso a Varanasi. Brevemente: era prevista una lezione di yoga all’interno dell’hotel dove alloggiavamo ad Orchha, la cosa saltò per un problema non noto al maestro di yoga. La nostra guida indiana, quando siamo arrivati a Varanasi ha organizzato una nuova lezione ma questa volta all’alba, su una meravigliosa terrazza affacciata sul Gange. Credo che questa foto non necessiti di molte spiegazioni.
Che siate appassionati di yoga o meno, vi consiglio assolutamente questa esperienza. Praticare yoga a Varanasi sul Gange, anche se siete dei pezzi di legno come me è un po’ come visitare la prima volta i musei vaticani o salire sulle piramidi. Ne uscirete arricchiti nel mente e nello spirito.
I nuovi templi di Varanasi che (per adesso) non troverete sulle guide
Grazie alla nostra meravigliosa guida, dopo aver terminato la lezione di yoga ci siamo addentrati nelle strettissime vie della vecchia Varanasi, in un’area nella quale il comune stava conducendo delle importanti attività di demolizione. Lo scopo era nobile, riportare alla luce degli antichissimi templi che nel corso del tempo erano stati letteralmente inghiottiti dall’abusivismo edilizio. Tutto il mondo è paese!
Qui sotto potete vedere delle immagini dei “nuovissimi” templi, sono attorniati dai resti dei palazzi abbattuti ed entro i quali i vari templi erano imprigionati. Chissà poi da quanto. La demolizione ha riguardato enormi palazzi, spesso di tre o quattro piani. Ho potuto osservare appartamenti con una sola parete ancora in piedi, con quadri appesi e lavandini penzolanti, avevo la sensazione di trovarmi in mezzo ad uno scenario di guerra. Al contempo però provavo una sorta di privilegio, come se mi trovassi all’interno di uno scavo archeologico, alla scoperta di chissà quali antichi reperti. Ancora una volta l’incredibile ricchezza ed il fascino quasi grottesco dell’India si erano palesati di fronte a me.
Penso spesso a cosa potrò trovare quando tornerò a Varanasi per il mio secondo viaggio in India. Quando accadrà ve lo farò sapere sicuramente!
Breve conclusione su Varanasi
Visitare Varanasi non significa visitare l’India ma se è vero che l’India ti lascia un segno indelebile, Varanasi ti tramortisce e ti scuote come un terremoto, rendendo il tuo animo diverso da come tu stesso lo abbia mai conosciuto.
Lasciamo questa incredibile città per recarci all’aeroporto di Varanasi. Destinazione Nuova Delhi.
Rientro a Delhi con tappa al bar
Il mattino rientriamo a Nuova Delhi e all’arrivo il gruppo si divide su varie destinazioni. Chi verso il Nepal, chi in Tibet e chi come noi più banalmente Maldive. Dopo un saluto quasi fraterno con alcuni compagni di viaggio rimaniamo con la guida per il resto della giornata. Decidiamo di andare a vedere il Gandhi Smriti, ovvero il luogo dove il Mahatma Gandhi ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita e dove purtroppo è stato assassinato. Il museo è ben curato e ricco di racconti e reperti originali, compresi il khadi (il tradizionale ed iconico abito bianco) ed gli immancabili occhiali di Gandhi ancora accanto al letto.
Poco dopo ci rechiamo in centro al Janpath Market per acquistare alcune spezie. Si tratta di un mercato molto ricco di attività artigianali. Vista la mia passione non potevo non provare la pasticceria Wenger’s, a Connaught Place, una delle più antiche e tradizionali di Nuova Delhi. Basta lasciarsi trasportare dagli occhi per sbagliare. Qui ho provato le migliori specialità dolci e salate della capitale indiana. Il Cream Roll, praticamente il nostro cannolo alla crema, il Mutton Shami Kabab, una sorta di polpetta molto speziata con curcuma, curry, zenzero, cipolla, menta coriandolo ed altre spezie a pezzi. Sicuramente ho dimenticato qualche ingrediente ma la sostanza che l’ho trovato buonissimo.
Arriva il momento di salutare la nostra guida. Non sono capace di descrivere cosa ho provato, ma noi tutti ci sentivamo come se stessimo salutando un vecchio amico o un parente. Il pianto più incontenibile è stato quello di mio figlio, inconsolabile. Ancora oggi ci sentiamo, ci scambiamo foto, video e auguri per le feste, sia per quelle indiane che italiane ovviamente!
Con ancora gli occhi lucidi recuperiamo i bagagli e ci rechiamo all’aeroporto. Destinazione Maldive! Ho dedicato un post a parte a questa coda del mio viaggio in India, se vi interessa qui trovate il mio post sul viaggio alle Maldive post India, con tante foto a go-go!
Osservazioni finali sul mio viaggio in India
Se mai qualche stoico lettore dei miei post fosse arrivato a leggere fino a questo punto, oltre ad essere oggetto della mia più profonda devozione, sarà consapevole spero di cosa io abbia portato via da questo viaggio in India.
Potrà sembrare banale ma l’insegnamento più profondo che il mio primo viaggio in India mi ha dato è sicuramente la spiritualità. Spesso nella cultura occidentale questa parola viene schiacciata da quella di “religiosità” o ancor peggio dal nostro sfrenato materialismo.
Non è un caso forse che della antichissima cultura vedica non siano giunti a noi templi, oggetti o statue ma solo manoscritti in Sanscrito di una cultura che tramandava la propria conoscenza prevalentemente in forma orale. A testimonianza forse di quanto interiori ed intime fossero le modalità di trasmissione del sapere da una generazione all’altra.
Non sono la persona sicuramente più adatta per parlare di questo tema, vi lascio quindi qualche riga che ho rubato al Prof. Sola, studioso del pensiero filosofico-religioso nella cultura orientale.
Lo sviluppo della civiltà in senso sempre più materiale ed egolatrico (culto dell’“io” empirico) ha creato e progressivamente allargato, un solco tra questi due “mondi”, solco che infine, ai nostri giorni, è divenuto una vera e propria frattura nell’unità e nell’integrità della nostra coscienza spirituale.
Leonardo Sola, “Millenaria Sapienza dell’India”
In Occidente questa frattura è diventata l’abisso in cui è stato progressivamente inghiottito il mondo immaginale della nostra anima, con la perdita della capacità di visione interiore che ci fa penetrare nel mondo reale, nell’universo dell’Anima del Mondo, l’anticamera per così dire, della sfera dello Spirito, del Sé. Così una spessa cortina di oblio si è diffusa sulle nostre percezioni interiori, confinando sempre più l’anima nella prigione dei sensi, dell’encefalo e della memoria cerebrale.
2 commenti
Ciao Simo,
il racconto del tuo viaggio India e Maldive mi ha davvero entusiasmato!
Vorrei organizzare un viaggio simile con il mio compagno a dicembre.
Sapresti darmi un consiglio sul tour operator a cui chiedere informazioni per un viaggio autentico e non turistico?
Grazie
Ciao Daniela, sapere di aver contribuito al desiderio di fare un viaggio è uno dei migliori complimenti che potessi sperare di ricevere. Ti ringrazio sinceramente per questo.
Per quanto riguarda il tour operator ti chiedo solo la gentilezza di scrivermi in privato, ti darò tutte le informazioni di cui hai bisogno. In linea di massima ti anticipo già che ci sono tanti modi per fare viaggi autentici, personalmente ho utilizzato un tour operator perché viaggiavo con famiglia al seguito e non avevo grande esperienza di viaggi in India, online però potrai trovare tantissimi siti di “viaggi-avventura” autorevoli con i quali ti potrai confrontare. Scegliere un tour operator professionale ti da il vantaggio di essere molto più seguita, di conoscere per filo e per segno l’itinerario ed avere un importante supporto, dall’altro lato però i costi sono più importanti inevitabilmente. Spero di poterti aiutare, a presto!