Il 7 settembre 2018 ha aperto a Milano presso l’ex Palazzo delle Poste di Piazza Cordusio, il primo e probabilmente più importante flagship store Starbucks del mondo. Un percorso lungo, anche a detta dell’uomo al comando, mister Howard Schultz, creatore e fautore del progetto Roastery. Io ancora adesso mi sto chiedendo cosa sia esattamente. Una caffetteria? Un grande bar? È sempre Mr Schultz a spiegarlo ed a raccontare come tutto sia nato grazie all’osservazione dei caffè italiani nei primi anni ’80.
“Fui affascinato dal senso di comunità che trovai nei bar, il contatto umano così genuino tra i baristi e i clienti”, ha raccontato Schultz a IlSole24Ore, “l’esperienza di questi 35 anni rodata in 3100 locali sparsi in 40 Paesi la riporto con rispetto, umiltà e affetto in Italia facendo un omaggio al vostro Paese e a Milano, città della moda e del design”.
Diciamoci la verità, noi italiani non cambieremo mai. Disdegniamo sempre coloro che fanno la nostra stessa cosa, ma quando scopriamo che la sanno fare meglio di noi ce ne innamoriamo. Se poi provengono dall’estero, siamo ancora più affascinati.
Indice
So quello che state pensando e vi dico subito NO, non sto dicendo che Starbucks sia migliore delle nostre caffetterie italiane, specialmente di certe caffetterie. Credo però che l’analisi non possa limitarsi a questo, sarebbe semplicistico e poco rispettoso di un progetto così importante ed impattante sulla città. Mi pongo altri interrogativi. Facciamo un passo avanti allora, anzi, dentro.
L’impatto della Roastery
Entrando in Sturbucks Reserve si rimane subito affascinati dalle modalità attraverso le quali questa azienda ha deciso di affrontare il suo (nuovo) ingresso a Milano. Lo si nota fin dai gazebo posizionati all’esterno che c’è qualcosa di più, molto di più, forse quasi troppo di più.
La prima cosa che ho notato entrando in questa sorta di tempio del caffè è che non si avverte minimamente alcun odore di caffè. Scelta voluta o obbligata? Certo è che le dimensioni non aiutano in questo senso.

Ho parlato di “tempio” poco fa e non ho usato un termine a caso. Dai marmi dei banconi a quelli dei pavimenti, passando per quello della statua che simboleggia Starbucks all’ingresso, tutto è mastodontico. L’alto artigianato qui è la regola ed è tutto italiano, compresa la macchina tostatrice che padroneggia al centro del locale e che rappresenta forse l’attrazione principale. Non si può non rimanere affascinati e se ci siete stati non negate di esservi fermati anche voi ad attendere l’uscita del caffè.
È lo stesso Shultz a spiegarci come è arrivato a tutto questo, raccontato di essersi ispirato alla Fabbrica di Cioccolato di Willy Wonka ed alla magia di Tim Burton, per trasportare i clienti in un ambiente quasi onirico ed allo stesso tempo estremamente sensoriale. Condite il tutto con tantissimo made in Italy e la formula difficilmente risulterà perdente.
Mi vengono in mente le parole di Tim Cook all’ultimo Keynote, quando ha detto che Apple ha cambiato il modo di fare retail offrendo la migliore esperienza d’acquisto del pianeta. Forse questa Roastery è anche un po’ figlia di questo nuovo modo di concepire la vendita in negozio. Non più solo prodotto, non più solo comodità, ma veri e propri progetti architettonici, design, materiali, luci, atmosfere. Ogni elemento diventa parte del prodotto dove il cliente si immerge, diventa protagonista e parte di una nuova forma di esperienza.
Tante locations in una, firmata Milano
Guardandosi attorno è come se ogni parete, ogni angolo, ogni persona fosse lì a sbandierare quanto sia grandiosa Milano. C’è una retorica esaltazione della città che ammalia anche i non-milanesi e tutto mi fa pensare che attraverso questa sorta di riconoscente gratitudine verso la città, l’azienda di Seattle abbia quasi cercato di posizionare il brand “Starbucks” a fianco a quello della “milanesità” più distinta. Operazione riuscita guardando il flusso di persone.
Il menu del locale è tutto nuovo e sebbene il caffè la faccia da padrone, Starbucks si spinge ben oltre questi confini. Si può scegliere di bere e mangiare in piazza al Terrace, oppure al Main Bar dove l’atmosfera è più classica come quella di certi bar italiani di lontana memoria. Poi c’è Princi. Esatto, Princi. Il noto panettiere di Reggio Calabria ha siglato una partnership con Starbucks già da tempo, un altro pezzo d’Italia che Starbucks ha fatto in qualche modo suo.
Proseguendo sullo stesso lato troverete lo Scooping Bar, dove la vera attrazione è il tabellone stile vecchia stazione. Un icona vera e propria ancora una volta italiana (esposta anche al Moma!).
Per gli amanti dei cocktails o per chi cerca più privacy c’è anche il Bar Arriviamo, un’area più riservata e dominata da un bancone ancora una volta di alto artigianato italiano e pensata per sorseggiare aperitivi al di sopra (nel vero senso della parola) di tutto e di tutti.
Nulla è lasciato al caso, la quantità di addetti lascia sbalorditi, non c’è che dire. Ognuno sa esattamente cosa deve fare ed è in sintonia con il locale. Ho avuto quasi la sensazione che anche il colore dei capelli fosse stato scelto in tinta!
Il layout espositivo è studiato nei più piccoli dettagli e la comunicazione è pervasiva. Vi invito a fermarvi al centro della sala, ad effettuare un giro di 360 gradi su voi stessi ed a trovare una zona dove non sia presente un elemento distintivo di questo format. Bello o brutto che sia è davvero curato fin nei minimi e più insignificanti particolari. Vi basti pensare che anche il cartello di evacuazione è stato realizzato nello stesso materiale e stile degli arredi! Vedere per credere.
Il layout espositivo è studiato nei più piccoli dettagli e la comunicazione è pervasiva. Vi invito a fermarvi al centro della sala, ad effettuare un giro di 360 gradi su voi stessi ed a trovare una zona dove non sia presente un elemento distintivo di questo format. Bello o brutto che sia è davvero curato fin nei minimi e più insignificanti particolari. Vi basti pensare che anche il cartello di evacuazione è stato realizzato nello stesso materiale e stile degli arredi! Vedere per credere.
Merchandising, merchandising e ancora merchandising
Lo so, volete sapere come si mangia, vero? Tengo a dire che questa non può definirsi una review vera e propria, credo possa definirsi molto banalmente e semplicemente il racconto di una, anzi due, brevi esperienze. Preferisco non scendere troppo in profondità anche perché parliamo di qualcosa che secondo me sta da un’altra parte rispetto alle caffetterie o ai bar del nostro paese e contro cui non si può e non si deve competere. Perché su questo tipo di campo non c’è competizione. La gara va fatta su tutt’altro piano, ma mi spiegherò meglio tra poche righe.
Starbucks Roastery è così grande e così vario che onestamente non me la sono sentita di mettermi lì e provare qualcosa ad ogni tipo di bar. Per questo ho pensato che il modo migliore per realizzare questo post fosse quello di viverla come un qualsiasi avventore, scegliendo quello che volevo, fotografando tutto quello in cui mi fossi imbattuto casualmente e guardando con stupore il prezzo dei più variegati gadget. Ci sono persino ceramiche appositamente create e realizzate dai più quotati artisti! Ci si innamora praticamente di tutto ed un minuto dopo si inizia a combattere con il proprio io bambino che vorrebbe comprare tutto ciò che il proprio io adulto è portato razionalmente a non acquistare. A proposito, riguardo al merchandising dimenticatevi i prezzi da Starbucks, qui l’offerta non è per i millennials.
Si ma… come si mangia?
Ore 14:04, è ufficiale, ho fame. Compro e mangio un trancio di pizza ed una focaccia da Princi. La pizza è sicuramente buona, non eccezionale ma buona. Servizio decisamente lento anche se il locale era molto affollato. Processo di dispensazione abbastanza elaborato: prima scontrino, poi lasci il nome alla tipa così ti possono chiamare come se fossi un abitué, infine ti fanno spostare di diversi metri perché ovviamente chiamano loro. A quel punto l’omino deputato ad urlare i nomi di tutti aspetta che la collega confezioni il pasto e per consegnartelo con un bel sorriso. Procedura sicuramente migliorabile ma innegabilmente pronta per grandi sfide. La focaccia invece l’ho trovata un po’ troppo grassa e non di ottima qualità per i miei gusti, devo dire più No che Si.
Il caffè di Starbucks Reserve
Veniamo al caffè. Qui Starbucks onestamente non delude. Non mi aspettavo un caffè così buono ed intenso e se ve la devo dire tutta, la sensazione che ho provato, proprio in virtù di cotanta scenografia, era come se qualcuno fosse andato appositamente per me a prendere il miglior caffè in un grande bar milanese. Qui sta il paradosso. È davvero straniante che una catena multinazionale americana riesca a proporre una miscela ed un aroma così perfettamente cuciti sul tessuto italiano. Chapeau.
Brioche e cornetti?
Mi sono trovato alla Roastery un paio di volte nel primo pomeriggio e non ho avuto occasione di provare una colazione. Prometto che aggiornerò questo post appena ne farò una. 😊
Prima di proseguire la lettura, ti potrebbero interessare...
Diamo un senso alla Roastery
La terza cosa che ritengo di aver assaggiato, senza però pagare nulla, si chiama “esperienza”, o customer experience come dicono quelli più bravi di me. Starbucks Reserve Roastery è una sorta di cattedrale dell’accoglienza in cui non ci si può non sentire a proprio agio. In cui si può chiedere di tutto ed in cui tutto è al nostro servizio. C’è così tanto che si rimane pervasi da un senso di esagerazione ed in termini di esperienza ci si sente come quando qualcuno ti fa un regalo più importante di quanto tu potessi immaginare, avete presente? È quasi imbarazzante.
Un difetto c’è…
A pensarci bene forse una nota stonata c’è in così tanta qualità e quantità, è qualcosa che ha a che fare proprio con la quantità: il sovraffollamento.
L’eccesso di visitatori è una croce ed una delizia di cui sicuramente Mr Schultz & Co avevano perfetta consapevolezza. Personalmente adoro i luoghi con il giusto grado di affollamento, dove il brusio è parte dell’atmosfera. Qui però sembra di stare all’Apple Store, ma allora non è che il problema sarà la mancanza di romanticismo, la mancanza di armonia?

In fin dei conti anche se da altre parti non troverò mai un addetto deputato a darmi il benvenuto preconfezionato all’ingresso, non credo ne sentirò la mancanza. Adoro vedere la passione negli occhi delle persone, e vederla trasmessa a chi collabora con esse. I ragazzi di Starbucks sono sicuramente animati di energia, di grinta e di tanta formazione, ma mi piace pensare che quantità e qualità siano come est e ovest, come il bianco ed il nero. Fanno parte tutti della stessa famiglia ma sono destinati a non incontrarsi mai.
Le caffetterie ed i bar italiani a breve si troveranno probabilmente accanto tanti, tantissimi Starbucks Café, quelli si per anche i millennials. Se vorranno competere e vincere dovranno iniziare a cambiare molte cose. Non basta offrire il Wi-Fi gratuito, anche se sarebbe già un bel segnale (!), occorre lavorare sul servizio, sulla professionalità, sulla ricerca del prodotto e sull’esperienza per il cliente.
Conclusione
Direi che Starbucks Reserve Roastery è (e sarà) certamente il punto di riferimento per il settore. La lezione che ci sta dando è quella che Apple ha dato un po’ al mondo della tecnologia. Innovare non significa fare qualcosa di nuovo, ma fare qualcosa che preservi il passato mettendo il cliente al centro di tutto. Tradizione ed innovazione. Ricetta tanto facile a dirsi quanto difficile a farsi, specialmente se non ti chiami Starbucks.